Rivista Anarchica Online


 

Gli ambasciatori
di Dio

“Ne consegue che la campagna per estromettere la Santa Sede dall’ONU ha il suo movente non in quello che la Santa Sede è, ma in quello che fa.”
Questo è il commento finale nel blog Chiesa.it, curato dal vaticanista Sandro Magister, al recente articolo apparso su The Economist (21 luglio, “The God's Ambassadors) sui nunzi apostolici, nel quale si auspicava che il Vaticano rinunciasse al suo ruolo, spesso criticato, di -osservatore-all’Onu.
Riassumendo la storia della rappresentanza vaticana all’Onu, ribadita dopo varie proteste internazionali nel 2004 (risoluzione Onu 58/314), e citando i recenti inaccettabili episodi di pressione in quanto stato osservatore alle conferenze inerenti salute riproduttiva e demografia (il Cairo 1994 e 1999 e Pechino 1995 e 2000), Magister intende mostrare le campagne contro la presenza del Vaticano all’Onu come di ordine “minore” in quanto suscitate dall’avversione verso la politica sessista del Vaticano.
Lo “Stato” del Vaticano, quindi, seppur non territoriale né in quanto nazione, sarebbe lecitamente presente come osservatore all’Onu (e con diritto di voto in molte importanti commissioni) in quanto “di grande spessore giuridico” e virtualmente Stato, cioè mantenente rapporti diplomatici con la maggior parte degli Stati del mondo.
Ma un’analisi laica della questione ci dice invece che la strategia diplomatica fortemente incrementata da GPII (dal 1978 ad oggi si è passati da 84 a 176 Stati) non giustifica né la presenza della “Santa” Sede all’Onu con l’attuale statuto di “Stato osservatore” né rende credibile la sua immagine di “Stato”. Essa infatti Stato non è, ma semmai un organismo che rappresenta con un parziale scranno Onu in più gli interessi del mondo cattolico già abbondantemente rappresentato dai portavoce di varie nazioni, che oltretutto spesso votano e presentano come “di ispirazione cattolica” politiche che in realtà, nei fatti, la base cattolica non condivide affatto.
Si tratta di un “doppio calcione “ ai diritti delle donne e dei non-cattolici, in quanto tramite questo priviliegio la Chiesa cattolica (unica religione così rappresentata all’Onu) fa passare le sue politiche sia tramite gli Stati in cui conta sia tramite la propria diretta ingerenza. E di quali politiche si tratti, ben lo sappiamo, basti ascoltare la replica all’Economist dell’arcivescovo francese Manberti apparsa su L’Avvenire: “È per questo che l’azione della Santa Sede nell’ambito della comunità internazionale è spesso un ‘segno di contraddizione’, perché essa non cessa di levare la sua voce in difesa della dignità di ogni persona e della sacralità di ogni vita umana, soprattutto quella più debole, a tutela della famiglia fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna, per rivendicare il fondamentale diritto alla libertà religiosa e per promuovere rapporti fra uomini e popoli fondati sulla giustizia e sulla solidarietà. “
Nella quale non solo si legge la presunzione che sia la Chiesa a dover rappresentare i diritti umani (forse la formazione di Manberti si basa ancora sui testi per la diplomazia della guerra fredda) ma che la famiglia “fondata sul matrimonio fra un uomo e una donna” debba essere tutelata: ...e qui non possiamo fare a meno di rilevare i toni larvati e insinuanti di chi in realtà in tutti questi anni ha inteso per “tutela” semplicemente la pragmatica opposizione ad ogni concessione verso la parità giuridica dellecoppie di fatto, e di chi, nonostante le prediche a favore della “dignità della persona” non si alzerà certo dalla sua poltrona per levare una voce contro gli omicidi e le torture inflitte a omosessuali e lesbiche ad esempio in Africa, paese in cui le nunziature apostoliche sono massicciamente presenti ma certo... interessate ad altri argomenti.
È quindi del tutto condivisibile l’invito di The Economist a cambiare la presenza vaticana all’Onu in una presenza meno invasiva, più rispondente alla realtà e più corretta nei confronti di tutti, così come auspicato dalla coalizione promossa da Catholics for a Free Choice già dal 1995 (catholicsforchoice.org).

Francesca Palazzi Arduini

 

Una
proposta

1937- 2007 – Settantesimo anniversario della morte di Francesco Barbieri
“L’utopia accende una stella nel cielo della dignità umana, ma ci costringe a navigare in un mare senza porti”

Oggetto: Proposta d’intitolazione di un’area comunale in memoria di Francesco Barbieri (di Giovanni e Arena Domenica, nato a S. Costantino di Briatico il 14/12/1895) combattente per la libertà in Spagna brutalmente assassinato a Barcellona nel Maggio del 1937. (1)

Gentile Sig. Sindaco, conducendo da molti anni ricerche sull’emigrazione politica calabrese, ho incontrato la figura di un vostro concittadino, Francesco Barbieri, noto in tutto il mondo per la sua vita interamente dedicata alla nobile causa della conquista delle più elementari libertà in vari paesi del mondo soggiogati da dittature sanguinarie. Il nome di Francesco Barbieri, esponente di spicco dell’anarchismo nazionale ed internazionale è strettamente legato a quello di Camillo Berneri, docente di Filosofia all’Università di Camerino e di Firenze, finissimo e coltissimo scrittore nonché dirigente di livello internazionale del movimento anarchico. Ambedue vennero uccisi nei moti del Maggio 1937, da agenti stalinisti, insieme ad Adriano Ferrari, Lorenzo di Peretti, Pietro Macon; tutti italiani e tutti e cinque anarchici. Ritengo, da operatore della comunicazione, dopo aver interloquito con numerosi cittadini di Briatico, tra cui il collega giornalista de “La Gazzetta del Sud” Antonio Francica, che oltre ad un necessario ricordo della figura e dell’opera di Barbieri sia davvero utile, per il futuro della ricerca storica sull’emigrazione briatese, che il Comune acquisisca insieme alla copiosa letteratura esistente presso gli archivi del movimento anarchico, il fascicolo del Casellario Politico Centrale di Francesco Barbieri (CPC, b.327, f. 20389) conservato presso l’Archivio Centrale dello Stato di Roma (P.le degli Archivi, 27) o presso l’Università della Calabria (Fondo del Prof. Carbone). Mi permetto con questa mia di formalizzare la richiesta, già da me avanzata verbalmente nel corso del nostro recente incontro tenutosi presso il palazzo comunale di Briatico, in data 11 Luglio 2007, volta all’intitolazione di una strada o piazza o edificio pubblico in memoria di Francesco Barbieri, combattente per la libertà in Spagna a 70 anni dalla sua tragica morte.
Nel ringraziarLa per quanto vorrà fare Le invio i sensi della mia stima e Le auguro un proficuo lavoro al servizio di un popolo le cui qualità ho potuto apprezzare nel corso dei miei ripetuti e piacevoli soggiorni estivi.

Angelo Pagliaro
angelopagliaro@hotmail.com


1. Francesco Barbieri venne prelevato da elementi stalinisti il 5 maggio 1937, e quindi vilmente assassinato assieme a Camillo Berneri.

 

Campeggio anarchico
in Austria

Dal 20 al 29 luglio, nei boschi a nord di Vienna, si è svolta la seconda edizione del campeggio anarchico estivo internazionale: l’A-Camp. L’iniziativa, che ha contato sulla presenza di circa 150-200 persone, provenienti per la maggior parte da Austria e Germania (anche se non sono mancati gruppi di francesi, italiani, estoni etc.), è stata una ben riuscita esperienza di autogestione, in cui i principi di libertà, uguaglianza e solidarietà hanno acquisito valenza pratica.
Ogni singolo aspetto del campeggio, dalla pulizia alla cucina (essenzialmente vegana), dalla spesa quotidiana all’organizzazione delle varie attività, è stato lasciato completamente nelle mani dei partecipanti, ed il tutto si è svolto nel più vivo spirito di collaborazione. Tra i dibattiti e workshops più significativi vanno segnalati quelli incentrati sul fascismo (in cui si è cercato di rispondere a domande come: cosa si deve intendere oggi con questa parola? Come si relazionano fascismo, nazionalismo e patriottismo?), su violenza/non-violenza, su Linux, nonché la presentazione delle attività della Federazione Anarchica Francese. Non sono mancate inoltre proiezioni, giochi e momenti di pura convivialità.
Il gruppo organizzativo, nel documento di presentazione dell’A-Camp, affemava: “La pratica del vivere ed agire insieme nel campeggio ci permette di fare esperienze di auto-organizzazione, che potranno poi esserci utili nella vita e nella lotta di tutti i giorni. […] Vorremo che fosse un’occasione per dare liberamente forma al nostro vivere insieme, confrontandoci e integrando le teorie anarchiche con la pratica della solidarietà, durante dibattiti e workshops ma anche nella vita quotidiana”.
Guardando i risultati, si può senza dubbio affermare che quest’obbiettivo sia stato raggiunto. Certo, c’è da considerare che un campeggio può affermarsi solo come un’esperienza di libertà necessariamente limitata nel tempo e nello spazio, ma questo non ne riduce il valore intrinseco, né la portata e la spinta ideale che ne derivano. Situazioni come l’A-Camp costituiscono, nel loro piccolo, testimonianze pratiche di modelli sociali alternativi: sono temporanee utopie concrete. Appare doveroso, infine, ricordare che in quegli stessi giorni (il 21 luglio), in Russia, un campeggio di protesta ambientalista è stato oggetto di un barbaro attacco da parte di un gruppo neonazista: un attacco in cui ha perso la vita l’anarchico Ilya Borodaenko.
La libertà deve essere continuamente difesa dalla reazione.

Emanuele Treglia

Ergastolo come
Vendetta

Dal primo di dicembre 2007 mi farò morire di fame perché:
l’ergastolo è semplicemente una vendetta, la vendetta dei forti... dei vivi. L’ergastolo non rende migliore né chi lo emette né chi lo subisce. L’ergastolo più che punire i delitti li moltiplica. Si può scontare la propria pena in tanti modi ma non con l’ergastolo. Non c’è reato che si può pagare con una vita in carcere. La pena per essere giusta deve pensare al futuro e non al passato, l’ergastolo invece guarda sempre indietro e mai avanti. La pena per essere capita, compresa ed accettata deve avere una fine, una pena che non finisce mai non può essere capita, compresa ed accettata. Credo che neppure Abele vorrebbe l’ergastolo per Caino perché se no Abele diventerebbe peggio di Caino. L’ergastolo non potrà mai essere giusto... il perdono è il sentimento più bello, il più perfetto, il più difficile, il più giusto.

Carmelo Musumeci
Carcere di Spoleto giugno 2007

Lettera aperta di un ergastolano ad altri ergastolani

Cari compagni ergastolani
la notizia delle 310 lettere inviate da noi al Capo dello Stato nelle quali chiediamo di essere condannati a morte ha suscitato numerose reazioni:
“La rivolta degli ergastolani: condannateci a morte”.
“La provocazione è tragicamente paradossale e tuttavia comprensibile”.
“Paesi come la Spagna e il Portogallo hanno abolito l’ergastolo ormai da tempo”.
“La condanna a fine pena mai presenta un vizio di costituzionalità”.
“L’abolizione dell’ergastolo è un grandissimo errore, per i delitti più efferati ci vuole la vera detenzione a vita”.
“La cancellazione dell’ergastolo è una vergogna e un attacco alla certezza della pena”.

Con l’ergastolo non si vive ma si sopravvive. Si sopravvive con tristezza e malinconia, senza speranza e senza sogni. Si sopravvive come ombre che oscillano nel vento, come pesci in un acquario con la differenza che non siamo pesci. Vivi una vita che non ti appartiene più, vivi una vita riflessa, una vita rubata alla vita. In questo modo il carcere per l’ergastolano è un cimitero con la differenza che invece che morto sei sepolto vivo. Perché bisogna abolire l’ergastolo? Perché è una pena inutile e stupida. Per quelli che pensano che la pena dell’ergastolo è una pena deterrente rispondo che chi è mentalmente malato (pedofili), chi è in astinenza per droga, chi si sente in guerra contro il mondo per motivi religiosi o politici non ha assolutamente paura di una pena come l’ergastolo. Infatti alcuni non hanno neppure paura di farsi saltare in aria nel nome del Dio di turno. Una pena come l’ergastolo non fa paura neppure ad uno che ha fame e molti ergastoli sono frutto di degrado, emarginazione, povertà e altro. Molti ergastolani si sentivano in guerra verso la povertà, coltivavano un sogno di ricchezza, verso un’ambizione, un progetto, una vita diversa, un destino migliore, tutte cose che a suo tempo ci facevano rischiare di ammazzare o essere ammazzati. La pena dell’ergastolo ci fa sentire vittime del reato anche se il reato è il nostro. Molti sono contrari alla pena di morte per motivi religiosi, etici, ecc., e non lo sono per la pena dell’ergastolo e non si capisce bene il perché. Le alternative sono due: o pensano che l’ergastolo sia meno doloroso della pena di morte o può essere anche il contrario: che con la pena di morte cessa la sofferenza della pena e quindi la vendetta. Premetto che la vendetta soggettiva, per esempio di un padre a cui è stata uccisa una figlia va compresa e capita ma certamente non può essere capita la vendetta di Stato o della moltitudine di una società moderna. Non è giustizia una vita per una vita perché tenere una persona dentro una cella una vita non serve a nessuno e molti ergastolani preferirebbero prendere il posto nell’aldilà delle loro vittime. Oggi nessuna delle nostre azioni può cambiare il nostro passato ma oggi voi potete cambiare il nostro futuro, guardate e giudicateci con il nostro presente e non più con il nostro passato. Giovanni Maria Flik, giudice della Corte Costituzionale ha ribadito che la “polifunzionalità della pena non esiste perché la pena, nel nostro paese, ha una sola vera funzione ed è la rieducazione”. Ma che rieducazione ci potrà mai essere per una persona che non uscirà mai dal carcere? Lo spirito di vendetta dopo tanti anni è ingiustificato nei confronti di persone che hanno cambiato interiormente.

Cari compagni ergastolani

dato che la Corte Costituzionale con la sentenza 135/2003 ha stabilito che molti ergastolani con reati che rientrano nell’articolo 4 bis comma 1, 1° comma, primo periodo della legge 26 luglio 1975, numero 354 non potranno mai uscire (neppure dopo 100 anni di carcere) se non collaborano con la giustizia.
Dato che molti di noi non possono collaborare con la giustizia perché innocenti, sia perché non vogliano usare la giustizia per uscire dal carcere e per altro.
Dato che i politici non avranno mai il coraggio di abolire l’ergastolo sia perché non siamo un serbatoio di voti elettorali che possano fare gola a qualcuno (chi rischierebbe di perdere le elezioni per 1.300 ergastolani considerati assassini e criminali) e sia perché i grossi partiti sanno bene che cavalcare l’onda giustizialista, forcaiola è un successo elettorale sicuro.
Dato che alcuni politici ci prendono anche per il culo perché dicono che l’ergastolo c’è perché non c’è mi è venuta in mente una idea:
– La vita di un ergastolano non vale la pena di essere vissuta, perché preferire ancora qualche anno in più di vita (quale vita?) alla morte immediata? Reagendo al male con il male dell’ergastolo non si fa altro che aumentare altro male.
– La morte è utile e necessaria quando si è ergastolani. La vita senza una promessa di libertà non è una vita...
– Dateci un fine pena e poi potete pure non farci più uscire...
– La pena dell’ergastolo ti mangia l’anima, il corpo, il cuore e l’amore. Una pena come l’ergastolo non sarà mai in grado di fare giustizia.
– La libertà per un ergastolano è come un orizzonte che non vedrà mai. A cosa serve e a chi serve il carcere a vita? Si diventa non viventi, esseri totalmente, per sempre e senza speranza, schiavi della pena.
– A cosa serve e a chi serve il carcere a vita? L’ergastolo è solo la banalità della vendetta.

A questo punto, fate girare questa lettera fra gli ergastolani in tutti i carceri d’Italia, e chi se la sente di rischiare la sua non-vita decida di fare uno sciopero della fame ad oltranza e lasciamoci morire con la speranza che il sacrificio di pochi possa servire all’abolizione dell’ergastolo.
Chi vuole aderire all’iniziativa scriva all’Associazione Pantagruel, via Tavanti 20, 50134 Firenze asspantagruel@virgilio.it, www.informacarcere.it, alla fata rossa degli ergastolani: la Senatrice Maria Luisa Boccia (Senato della Repubblica, Corso Rinascimento, 00186 Roma) e al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Palazzo del Quirinale, 00187 Roma) scrivendo:

Io sottoscritto ergastolano ..................................... dal carcere di .................................
consapevole che le cose non si ottengono solo con la speranza, ho deciso di fare qualcosa: non mangiare.
Per il rispetto dell’articolo 27 della nostra Costituzione “le pene devono tendere alla rieducazione del condannato”, dichiaro che dal primo dicembre 2007 inizierò uno sciopero della fame ad oltranza a sostegno dell’abolizione dell’ergastolo.
Si sperano adesioni all’iniziativa da parte di esponenti politici, associazioni, società civile e semplici cittadini.

Carcere di Spoleto
giugno 2007